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Ultimo aggiornamento il 18/06/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

“ATTINGERE o lasciare attingere da quel salvadanaio di emarginate speranze è stato vergognoso; come vergognoso fu poi abbandonare tanta gente fedele che aveva dato l’anima al suo par- tito”.

DELL’ARTICOLO che Marcello Veneziani ha scritto su “La Verità” (17 aprile), alla vigilia della sentenza su Gianfranco Fini e i suoi familiari per la vicenda della casa di Montecarlo, abbiamo scelto queste righe. Pensiamo, infatti, che possano adattarsi a tutti i militanti, di destra o di sinistra, giovani o meno giovani, i cui sogni vengono svenduti dalla politica che pensa solo al proprio tornaconto. Ma quello di Veneziani – una delle voci più nette e autorevoli del pensiero conservatore – è, soprattutto, il racconto di una generazione, cresciuta nel fuoco degli anni '70 e '80, che pur tra disillusioni e tradimeti ha cercato di restare fedele ai propri ideali. Un testo che ci pone alcune domande a cominciare dai sacrifici e dalle rinunce di quei ragazzi missini (ma potevano essere giovani comunisti o democristiani e non sarebbe cambiato nulla) che ogni mese facevano la colletta per pagare l’affitto e le utenze della sezione da essi fondata. O che, come nel caso dell’autore, spese i soldi di una borsa di studio per acquistare un torchio per la stampa.

Esistono ancora ragazzi, a destra o a sinistra, animati da una tale passione per la politica, o meglio per una particolare “visione del mondo”, disposti a investire (e se necessario a “sprecare”) in un impegno esistenziale, “pensieri, energie, parole , opere e missioni”, come avvenne per la generazione, di destra o di sinistra, a cui apparteneva Veneziani? E se una vocazione a fare e a studiare per condividere una dimensione umana e sociale (e, magari, per rendersi utili al prossimo) fosse miracolosamente sopravvissuta, a quale modello di politica potrebbe oggi utilmente ispirarsi? A quella del mercato delle preferenze a 50 euro a botta? O a quella del trasformismo più spudorato, visto che in Europa deteniamo il record di voltagabbana con 29 cambi di casacca, il 40% dei 76 eletti nel 2019 (uno scempio che a livello locale non osiamo neppure immaginare)?

Giorni fa, in qualche tg si vedeva Matteo Salvini parlare alla scuola di formazione della Lega. Siamo convinti che al cospetto dei suoi bravi ragazzi il vicepremier abbia spezzato il pane dell’impegno e della probità che nulla deve chiedere nell’offrirsi al perseguimento del bene comune. Però, non sarebbe stato più onesto ammettere che in campagna elettorale, oltre a spacciare un mare di balle, si finisce per raccogliere un po’ di tutto (“à la guerre comme à la guerre”)? Anche chi ha cambiato quattro o cinque sigle partitiche, purché detentore di cospicui pacchetti di voti? Discorso estendibile, naturalmente, al Pd pugliese o a certi Fratelli d’Italia siciliani accusati di collusione con le cosche.

Nel suo j’accuse contro Gianfranco Fini, a Veneziani non va giù non tanto “cambiare idee, adeguarsi al proprio tempo, abiurare, rinnegare, perfino tradire”, perché “è la politica bellezza”. No, ciò che egli non sopporta “è vedere quelle paghette di ragazzi che alla politica dettero solo e non ebbero niente, quelle pietose collette tra gente umile e onesta, per tenere in vita sezioni, finire in quel modo”. L’unica amarissima consolazione, caro Marcello, non potrebbe essere che tutto ciò, per un’“Idea”, di destra o di sinistra, forse, oggi, nessuno più sarebbe disposto a farlo?

 

Il testo di commento a Veneziani è di Antonio Padellaro